Le caratteristiche della forma sindacato e la pratica sindacale
[Precari Nati, n. 5, dicembre '99]
Il "Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione" firmato il 22 dicembre dello scorso anno, ed il "Patto per il lavoro" approvato dal ministro Bassolino il 21 rnaggio di quest’anno, non sono che le ultime tappe del modello di gestione politica che vede il sindacato come soggetto costantemente partecipe delle scelte di politica economica e sociale del governo: concertazione. Parallelamente, gli ultimi rinnovi contrattuali e gli accordi aziendali siglati da allora ne sono la traduzione sul campo.
La triplice sindacale, è divenuta una rete di uffici di assistenza fiscale e di informazioni, un organizzazione in cui più della metà degli iscritti sono lavoratori in pensione, che campa con le trattenute sulla busta paga, un gestore del mercato del lavoro con le agenzie di lavoro interinale ed il collocamento privato, nonché un gestore dei fondi integrativi di pensione, al pari dei sindacati tedeschi e statunitensi, un cospicuo corpo di burocrati: i distaccati sindacali.
Certamente, queste linee di tendenza non, sono proprie solo dei sindacati italiani - CGIL, CISL,UIL - ma sono proprie della forma sindacato. La forma sindacato e la pratica sindacale si caratterizzano innanzitutto come organo di mediazione e di ricomposizione degli interessi tra i padroni ed i lavoratori a livello aziendale e nazionale, come corpo burocratico, che avendo la necessità di riprodursi, deve tessere continuamente delle relazioni di "pacifica" o momentanea "conflittuale" convivenza con il blocco sociale dominante.
Il sindacalismo, non riesce a sganciarsi, ora più che mai, da un lato, dall’etica del lavoro e dal produttivismo, promuovendo implicitarnente o esplicitamente il campanilismo aziendale e di categoria ed infischiandosene degli interessi dei lavoratori. Le introduzioni ai contratti integrativi aziendali o di categoria presentate nelle assemblee - che sinceramente non si capisce in che lingua siano state scritte e se siano state dettate direttamente dall’ufflcio "risorse umane" delI’azienda, o dall’associazione imprenditoriale di categoria - sono sempre preoccupate che lazienda o il settore abbia un "andamento positivo", che superi la "congiuntura negativa" o la "cronica crisi", quando in caso di prossima veridica chiusura i sindacati ed i rappresentanti sindacali dopo una sterile campagna d’opinione gliela danno su abbastanza presto, in perfetta linea con le esigenze economiche dei padroni 1.
Si preoccupano di come si possano creare le condizioni ideali affinché l’azienda prosperi, o riprenda il suo trend positivo, assuma (...anche con contratti precari), adotti una politica di formazione attiva (...per alcuni dipendenti), tuteli e riconosca le professionalità acquisite (...le divisioni orizzontali tra lavoratori), riconosca, magari anche solo formalmente, gli sforzi ed i sacrifici compiuti dall’organico (...cioè il maggiore sfruttarnento dei lavoratori), riconosca il sindacato come soggetto di arriva collaborazione nel quadro di moderne relazioni industriali.
Non sappiamo quali forme potrà assumere il conflitto, quali fattori saranno coagulanti e quali obbiettivi saranno prioritari. Potrà porre la qualità della propria vita aziendale in termini di minore sfruttamento e di minore profitto: rallentamento dei rirmi, diminuzione dei carichi di lavoro, assunzione in pianta stabile dei lavoratori precari
La pratica sindacale, adotta e promuove esclusivamente il piano legale dei conflitti del lavoro e si appella incessantemente ad esso, per ciò che concerne il rispetto delle norme contrattuali, quando i padroni, che tra l’altro scrivono le leggi, adeguano di volta in volta il margine delta legalità e dell’illegalità a secondo dei loro fini, e per il momento fanno il bello e cattivo tempo, basti pensare alla politica di salute e sicurezza attuata realmente sui posti di lavoro che provoca la morte di quattro lavoratori al giorno.
L’idea di Giustizia che anima alcuni di questi riformatori in senso giunidico, non è altro nel migliore dei casi che "un veccbio cavallo montato da secoli da tutti i rinnovatori del mondo privi di locomozione storica, un Ronzinante sfiancato sul quale hanno cavalcato tanti Don Chisciotte della storia alla ricerca della grande riforma mondiale per riportare da quei viaggi nient’altro che qualche occhio nero" (R. Luxemburg).
Questo piano, prevede inoltre una utilizzazione innocua di strumenti di lotta come lo sciopero, fino alla recente invenzione paradossale dello "sciopero virtuale" e la denuncia e la condanna preventiva di altri strumenti di lotta: sabotaggio, rallentamenti della produzione, mutue collettive programmate e assenteismo in genere, scioperi non annunciati "a gatto selvaggio", blocco delle merci in entrata od in uscita, ecc.
Condanna ogni lotta autonoma dei lavoratori contro l’azienda e le sue gerarchie. Valorizza la colbocazione produttiva dei lavoratori solo in funzione degli interessi dei padroni e della loro ideologia, e non in base alla potenziale forza sociale e intelligenza collettiva di cui dispongono, cioè la capacità di rivolgere l’organizzazione della produzione contro i padroni.
I limiti e le prospettive del sindacalismo di base
L’allontanarsi sempre più dall’essere semplici coordinamenti di lavoratori, il puntare sul proprio riconoscimento contrattuale, cioè sulla possibilità di trattare a livello aziendale e categoriale, ed il costruire una struttura di servizi e di assistenza legale, portano i sindacati di base ad una sempre maggiore burocratizzazione e innestano dinamiche di concorrenza reciproca.
Certamente i retroterra culturali e I’immaginario politico di alcune significative reatà sindacali di base sono diretta filiazione della peggiore espressione del "vecchio movimento operaio": cultura della delega, progetto sindacale subordinato ad un progetto politico-partitico, una critica insufficiente alla natura antioperaia dello stato "sociale" ed ai suoi meccanismi di rappresentanza, scarsa fiducia e interesse per le forme di azione autonoma dei lavoratori, scarsa attenzione ai mutamenti della composizione e dette sensibilità delle classi lavoratrici.
Inoltre, l’avere un corpo militante formatosi prevalcntemente nelle lotte degli anni ‘60-‘70 con una anzianità di servizio che lo colloca vicino all’età pensionabile, ed una scarsa capacità di penetrazione nelle fasce più giovani, più "mobili" e "precarie" di lavoratori, pone un problema di continuità di tale esperienza.
In particolare modo per quella componente sinceramente combattiva, che ipotizzando una fase di ascesa del conflitto sociale dal ‘92 in poi, ha puntato ad uno sviluppo aggregativo ed ad una rete di lavoratori sia tesserati-simpatizzanti che veri e propri militanti - che prendessero come punto di riferimento il sindacalismo di base e una pratica anti-burocratica di intervento diretto dei lavoratori 2.
L’esperienza proletaria, I’organizzazione diretta di classe e la possibilità di sognare
Storicamente i lavoratori si sono dati forme di organizzazione autonoma durante periodi di conflitto sociale montante: comitati di lotta, assemblee autonome, comitati di base, o hanno costituito collettivi aziendali, fuori e contro i sindacati e volontariamente al di fuori delle normali forme di rappresentanza aziendali -consigli di fabbrica prima, r.s.u. ora - in fasi anche molto ‘tiepide’" 3. Allo stesso modo sono esistiti raggruppamenti territoriali ed inter-categoriali di lavoratori che hanno cercato di far emergere il loro punto di vista, partendo dalla propria condizione quotidiana di sfruttamento.
Questi gruppi hanno cercato di essere innanzitutto luoghi di socializzazione e di comunicazione, canali di collegamcnto e di informazione, hanno fornito da un lato strurnenti di solidarietà attiva: casse di resistenza per scioperi, manovalanza per volantinaggi, picchetti e occupazione di case, stampa di bollettini di fabbrica, assistenza in caso di licenziamenti o sfratti.
Hanno inoltre affinato strumenti di con-ricerca empirica e storico-teorica, cioè una valida ‘cassetta degli attrezzi’ critici per che permetta di uscire dalla propria situazione aziendale, categoriale o locale avendo un quadro più ampio, anche a livello temporale, del proprio presente. Hanno suggerito l’ipotesi di una trasformazione radicale della società e la sua gestione per opera dei lavoratori, sostenendo che il riscatto economico, politico e morale delle classi lavoratrici di tutto il mondo deve essere opera dei lavoratori stessi 4.
Note
(1) Vedi a Bologna il caso della Moretti, della Harù-ICO, delle Officine Cevolani.
(2) Il carattere farsesco e qualunquista delle ultime "lotte srudentesche" ed il loro scarso inreresse per il mondo del lavoro, la recisione di un legame intergenerazionale ‘di classe’, la prolungata permanenza in famiglia dei giovani lavoratori, il conformismo sociale dilagante ed ben radicata ideologia del consumo non favoriscono certo la spinta verso comportamenti conflittuali.
(3) Negli anni ‘60-’70 sono esistite esperienze politiche di collettivi che valorizzavano le lotte autonome in fabbrica, l’occupazione delle case, l'autoriduzione dei canoni, forme di formazione e di espressione politico-culturali autonome che interagivano con i movimenti di lotta di cui erano parte integrante e che cercavano di vivificare l’ipotesi di organizzazione e di comunicazione diretta di classe. Le assemblee autonome dell’Alfa-Romeo e della Pirelli a Milano, la rete dei collettivi di fabbrica e territorio dell’hinterland e l’esperienze di occupazioni di case affini, la fonda produzione di pubblicistica militante, la ricerca storico-teorica, i tentativi di vivere quotidianamente dei rapporti sociali comunisti, sono una parte importante e pressoché misconosciuta delle lotte degli anni ‘60-’70.
(4) Nel secondo dopoguerra esisteva "in quasi tutte le città italiane un gruppo di minoranza rivoluzionaria con una sua tradizione nel movimento operaio locale. A seconda delle caraneristiche dell’ambiente, dello sviluppo delle forze produttive, e dei rapporti di forza tra capitale e lavoro, esso ubbidisce ad una tradizione anarchica, sindacalista o neo-libertaria; o esprime una dissidenza comunista" (D. Montaldi) cioè antistalinista. Escluse le sette ed i circoli di discussione, coloro che intervenivano attivamente nel mondo del lavoro si scontravano allora con il produttivismo sindacale, la salvaguardia delle categorie di lavoratori più funzionali alle strategie riformiste, contro una potente burocrazia subordinata ai progetti dei propri partiti di riferimento.
"Precari Nati": controinformazione periodica a Bologna
Invitiamo tutti i lavoratori interessati (indipendentemente dalla tipologia di contratto: tempo indeterminato, interinali, stagionali, cooperativa, in nero ecc..) a scrivere e a socializzare la propria esperienza di lavoro, le difficoltà nel difendere o chiedere miglioramenti della propria condizione di lavoro, le lotte anche se minime che si è riuisciti a condurre, e tutti quei comportamenti che si hanno sul lavoro per contrastare i caporeparti, i padroni e le regole che ci vengono imposte.
Precari-Nati vuole riuscire ad essere uno strumento per tutti quei lavoratori che individualmente o come gruppo sono disposti a fare emergere i problemi di chi lavora dal silenzio in cui li relegano la mancanza di strumenti adatti e di una anche minima socializzazione fra lavoratori. Ripartiamo quindi "dall’esperienza proletaria" svincolata dai modelli di partito o di sindacato, non abbiamo preclusioni rispetto alla collocazione individuale di un lavoratore, tuttavia vogliamo valorizzare il punto di vista indipendente dei lavoratori anche se questo riguarda solo "piccoli problemi". Non abbiamo brillanti parole d’ordine, partiamo dalle attuali condizioni dei lavoratori, cerchiamo di individuare gli spazi di conflitto sociale che si danno ora e, dove è possibile, ampliarli.
Pensiamo che partendo dalla socializzazione del proprio sfruttamento e dal modo di contrastarlo possiamo mettere in luce l'autoidentificazione di classe, la sola fonte di forza e idee per noi lavoratori.
Precari Noti supplemento a Collegamenti Wobbly.
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